
VERSO IL FESTIVAL/I SEGRETI DEL BACKSTAGE
I PADRONI DI SANREMO: UNA STORIA ITALIANA
GOSSIP, SOLDI, SCANDALI E POLEMICHE: CHI SALE E CHI SCENDE DAL
GRANDE CARRO DELLA MANIFESTAZIONE. A MENO DI UN MESE DAL DEBUTTO DI
UNO SHOW DOVE CONTA TUTTO TRANNE LE CANZONI.
 
DI CESARE LANZA*
Il Festival di Sanremo è uno show televisivo mostruoso e
incontenibile, che si rinnova ogni anno, nel 2011 in calendario dal
15 al 19 febbraio, su un copione consolidato, ma con continui,
stravaganti aggiornamenti. Le canzoni, da tempo, paradossalmente
abbassano gli ascolti, quindi, ecco la prima finzione, sono ormai
solo un pretesto televisivo per il varietà, gli ascolti si inseguono
con ospiti a sorpresa e provocazioni: da Gorbaciov a Tyson, dal
Moulin rouge a Dita Von Teese, regina del burlesque, dal caso Morgan
a Belen, entrambi profumati di scandalo, fino ai temi esistenziali
più delicati, l'eutanasia, l'emarginazione dei gay, perfino le
guerre, la fame nel mondo!
E i cantanti, una volta al centro della manifestazione? Tra quelli
pomposamente definiti big (a ciascuno, un rimborso spese di ben 48
mila euro) molti sono privi di appeal o stanchi e logori: dagli
eterni Al Bano e Patty Pravo ad Anna Oxa e Luca Barbarossa, da Max
Pezzali a Francesco Tricarico e Anna Tatangelo. Mentre gli altri, i
giovani, nella categoria debuttanti, spinti da umano entusiasmo e
inoculate illusioni, pur di farsi scegliere e promuovere a Sanremo
sono pronti a sacrificare i risparmi loro, dei parenti, degli amici
e le risorse degli sponsor (da 100 mila fino a, si mormora, mezzo
milione di euro). Mentre i grandi cantanti, quelli affermati e
prestigiosi, a Sanremo non vanno mai: non solo i leggendari
Celentano e Mina, ma anche Ligabue, Ramazzotti, Laura Pausini,
Rossi, Zero, Dalla, De Gregori, Baglioni, Milva, Conte... Non
partecipare a Sanremo è uno status symbol!
I veri big non vogliono confondersi con l'armata brancaleonide che
si forma nei cinque giorni della competizione: un circo, grottesco e
patetico, non solo di assistenti e addetti stampa, pierre,
parrucchieri e sarti, ma anche questuanti e lacchè, maghi e maghe,
intrallazzatori di ogni risma. In una mescolanza ibrida, degna di un
piccolo e moderno inferno dantesco, si danno appuntamento mercanti,
puttane, lenoni, affaristi di varia caratura, truffatori, vecchie
glorie che non accettano l'oblio, autori e scribacchini, ragazzette
spudorate, smidollati ambiziosi, trans smaniosi, pornodivi, facce di
tolla disposte a tutto pur di trovare una foto con un autografo,
autisti, guardie del corpo, smerciatori di coca e di eroina; e,
ovviamente appresso a tutti, giornalisti, fotografi, radio e
telecronisti, firme famose e rappresentanti delle testate più
improbabili.
Il Festival nacque un lunedì sera, il 29 gennaio 1951. Presentava
Nunzio Filogamo: tre serate dal salone delle feste del casinò, per
assistere il pubblico pagava 500 lire a biglietto, seduto ai
tavolini del bar. Formula supereconomica: 20 canzoni, tutte affidate
all'interpretazione di Nilla Pizzi, che vinse con Grazie dei fior,
ad Achille Togliani e al duo Fasano. Certo, nessuno, quella sera,
poteva immaginare che in pochi anni la minuscola rassegna,
apparentemente senza pretese, sarebbe diventata il massimo evento
della vita musicale italiana. Se il lussuoso budget televisivo è
oggi di 18 milioni e mezzo, le cifre del business, strabilianti,
vanno ben oltre: immenso è infatti l'indotto, tale da condizionare
il lucro o il flop delle case discografiche e le carriere dei
cantanti, con un giro di affari (tra radio, tv, diritti vari, tour,
serate, edizioni) calcolato tra i 100 e i 150 milioni di euro.
Sanremo divora e metabolizza tutto, niente è come sembra. Il chiasso
per le canzoni e per la gara, gli antagonismi tra i divi, da qualche
anno il crescente e morboso gusto per il gossip, i retroscena, le
relazioni amorose, i capricci dei protagonisti, le polemiche sugli
ascolti televisivi sommergono tutto ciò che altrove sarebbe
pesantemente al centro di cronache nere e giudiziarie. L'episodio
più tragico resta quello della morte misteriosa di Luigi Tenco,
nell'edizione del 1969. In coppia con Dalida, Tenco proponeva Ciao,
amore ciao, eliminata con 38 voti appena su 900. Dopo l'esibizione,
Dalida trovò il cadavere di Tenco nella camera 219 dell'hotel Savoy.
Versione frettolosamente ufficiale: suicidio con un colpo di pistola
alla tempia. Eppure, dopo più di quarant'anni c'è chiè convinto, con
validi indizi, che il cantautore sia stato ucciso.
Un giornalista, Paolo Festuccia della Stampa, del tutto estraneo
agli interessi che ruotano attorno al Festival nel mondo musicale,
ha provato ad analizzare meticolosamente il reticolato di affari, il
colossale business gestito da chi ha il privilegio di organizzare la
manifestazione. E ha scoperto che, grazie a una curiosa attribuzione
di potere di voto (e di veti) ai componenti dell'orchestra, non
dovrebbe essere arduo prevedere e stabilire il percorso delle
canzoni in gara (gli orchestrali, infatti, sono scelti dal direttore
d'orchestra, scelto a sua volta dagli organizzatori). Non meno
arbitrario appare, nel regolamento, il criterio di selezione dei
cantanti per la categoria giovani, privo com'è di riconoscimenti
oggettivi per il merito: tant'è che numerosi sono già gli esposti e
le proteste per discutibili eliminazioni.
Il retroscena è che il direttore di Raiuno, Mauro Mazza, ha deciso,
di fatto, di affidare senza limiti l'organizzazione del Festival al
cosiddetto direttore artistico Gianmarco Mazzi e a Lucio Presta.
Mazzi non ha un curriculum illuminato da rilevanti successi: ha
collaborato ad altri festival, ma ha vinto con Paolo Bonolis, una
garanzia, e la straordinaria Antonella Clerici (anche se il mio
giudizio può sembrare viziato dal fatto che anch'io curavo quelle
edizioni, i risultati parlano chiaro)o floppato (con Giorgio
Panariello, vedere intervista alla pagina seguente), a seconda della
personalità, decisiva, del conduttore di turno. Discussa da sempre,
poi, la decisione di affidarsi a una direzione artistica esterna,
quando in Rai sono numerosi i dirigenti competenti, oppure, come
suggerito ancora a dicembre da un consigliere di amministrazione,
Antonio Verro, basterebbe affidarsi al prestigio di un personaggio
super partes, per esempio Renzo Arbore.
Pur privo di un ruolo ufficiale, Presta è il vero dominus
nell'ombra: rappresenta il fior fiore di personaggi televisivi e sa
bene come far pesare questo potere. A Sanremo e nei palinsesti.
Nulla si muove senza la sua volontà e il suo consenso: ingaggi,
conduttori, autori, cantanti, ospiti, strutture di lavoro. Mai,
neanche autentici boss come Gianni Ravera (Forlani) e Adriano
Aragozzini (De Mita), in passato godettero di un simile potere,
nonostante il sostegno, all'epoca decisivo, dei leader della vecchia
Dc.
Come finirà? Intorno al caravanserraglio, alla vigilia è diffuso lo
scetticismo. A cominciare dal Quirinale: Giorgio Napolitano (che
avrebbe gradito ben altra celebrazione del 150esimo anniversario
dell'unità d'Italia) non ha risposto finora alle sollecitazioni a
intervenire. Quanto agli ascolti, basteranno le chiacchiere, sia pur
pruriginose, legate a Elisabetta Canalis e Belen,e ai loro
fidanzati, George Clooney e Fabrizio Corona, per emulare lo
straordinario successo di Antonella Clerici nel 2010? Gianni Morandi
nel 1972 partecipò per la prima volta come cantante, 39 anni dopo
torna come conduttore: perché ha accettato, come si dice in gergo,
«di metterci la faccia?» Per un compenso, 800 mila euro, inferiore a
quello di Bonolis, Baudo e Fazio? O per il business indotto?
Risposta elementare: se vince, sarà una medaglia in più; se fa flop,
non pagherà dazio, il suo vero mestiere è un altro. Intanto Lucio
Presta, come un novello «Grande Gatsby», non porta più l'amata
pistola, ma dal suo faraonico yacht impartisce ordini minuziosi. A
Mazzi ha suggerito di pretendere un contratto biennale: non si sa
mai. E su questo,e su altro, si è accesa la curiosità di chi non si
lascia incantare dalla suggestione, sempre più démodé, del circo e
delle canzonette.
*Cesare Lanza è giornalista e autore televisivo. Ha curato fra
gli altri tre Sanremo di grande successo: nel 2005 e 2009 con Paolo
Bonolis e nel 2010 con Antonella Clerici.
PANORAMA, 21-01-10 (leggi
l'articolo su Panorama in pdf)
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