DOMENICO MAZZULLO ALL’ACCADEMIA STUDIO
254
di Cesare Lanza
Nel mio progetto, le lezioni del dottor Domenico Mazzullo – famoso
medico psichiatra, popolare opinionista televisivo - sul tema
“psicologia e successo” (e, approfondendo, sugli intrecci tra
psichiatria e teatro, tra psichiatria e cinema, tra psichiatria e
protagonisti della storia e delle cronache di ieri e di oggi)
dovrebbero rappresentare un fiore all’occhiello della mia Accademia
Studio 254. Una iniziativa inedita, mi auguro raffinata e
colta, in cui credo molto.
Se ci saranno iscritti a
sufficienza, sarà organizzato un corso dedicato solo a questi temi,
un corso peraltro – mi pare – interessante non soltanto per
chi sia determinato ad avvicinarsi al mondo del giornalismo o dello
spettacolo, ma per chiunque voglia capire quali siano i fili da
tenere in pugno per gestire la propria vita e il proprio lavoro con
un traguardo preciso: il raggiungimento di un forte equilibrio, di
fronte alle continue altalene della vita. In ogni caso, l’amico
Mazzullo, coadiuvato all’occorrenza da altri insegnanti, terrà
lezioni, integrative, nell’ambito dei corsi di giornalismo,
recitazione, autori e sceneggiatori, regia.
Ho chiesto a Domenico di raccontarsi un po’, per far conoscere le
sue intenzioni ai candidati alle iscrizioni.
PSICOLOGIA E PSICHIATRIA NEL TEATRO
di Domenico Mazzullo
Quando, anni addietro ho diretto un Istituto di Riabilitazione per
pazienti psichiatrici, nome altisonante per intendere una
Istituzione ove vengono ricoverati, dopo la chiusura degli Ospedali
psichiatrici, i pazienti che per la loro patologia e il loro
conseguente grado di disabilità psico-fisica, non possono vivere
presso le loro famiglie, o che famiglie in grado di accoglierli ed
accudirli non hanno, sono rimasto sempre colpito, strabiliato
addirittura, per le loro inattese, inimmaginabili ed inspiegabili
capacità recitative, di cui ebbi per la prima volta casualmente ed
occasionalmente modo di rendermi conto ed apprezzarle, in
concomitanza con le festività natalizie, quando il personale di
assistenza, dilettantescamente e con grande buona volontà metteva in
scena recite natalizie a beneficio dei familiari, generosamente in
quei giorni memori dei loro parenti meno fortunati.
Da qui, il pensiero di
organizzare, un “Presepe vivente” a beneficio dei pazienti stessi è
stato immediato e prontamente realizzato, con successivi
perfezionamenti ed ampliamenti negli anni successivi.Ciò che ancora mi stupisce e mi
commuove, ricordando quei tempi e quella esperienza è la
straordinaria capacità di questi pazienti, di trasformarsi, di
mutarsi di immedesimarsi, di “guarire”, purtroppo solo
temporaneamente dalla loro patologia, quando venivano chiamati a
recitare, quando indossavano i panni di Giuseppe, della Madonna, dei
Rè Magi, di un umile pastore o di un centurione romano, di un oste
della locanda o di un povero artigiano.
Pazienti devastati nello spirito
da una gravissima patologia psichica che li costringeva a rinunciare
alla propria dignità, al proprio pudore ai propri affetti, costretti
ad essere accuditi anche solo per mangiare, che improvvisamente si
trasformavano in Attori seri, capaci, attenti, perfetti, non appena
indossavano gli abiti di scena e venivano chiamati a recitare la
loro parte, spesso minima, a volte addirittura muta, ma comunque la
loro parte, non appena venivano chiamati ad essere non più oggetti
di cure e accudimento, ma soggetti protagonisti, seppur a volte per
una sola battuta, o anche nessuna.
E’ una esperienza che mi è
rimasta nel cuore, che mi ha insegnato moltissimo, come psichiatra e
come uomo, che mi ha permesso di comprendere, attraverso la lente
della patologia, quale straordinaria importanza abbia la recitazione
nella esistenza umana, quale straordinaria esperienza sia
rappresentata dalla possibilità di uscire dal proprio ruolo abituale
e rivestire, seppur per un tempo limitato, i panni di un
personaggio, di “un altro da me”. Questo vale per la persona malata
e ancor di più per la persona sana, naturalmente.
Ma se è vero che la Psichiatria
si serve della recitazione, del Teatro, come strumento terapeutico
per curare è anche vero il contrario, ossia che il Teatro si è
servito e si serve spesso della Psichiatria, della Psicologia per
costruire, per dar corpo, per caratterizzare, per rendere vivi e
viventi i suoi personaggi di fantasia, nati dalla capacità creativa
dell’Autore, che deve necessariamente vederli vivi davanti a sé, per
descriverli, per farli recitare, per far vivere le loro passioni, i
loro dolori, i loro struggimenti, le loro umanissime vicende, le
loro miserie e le loro nobiltà, per, in ultima analisi,
consegnarceli vivi e viventi a noi spettatori, chiamati ad
emozionarci per loro e con loro.
Ed allora ecco spiegata la
presenza di uno psichiatra, come me, in una Accademia, in una scuola
di Arte, in una scuola dove si impara a recitare, a dirigere gli
attori, a scrivere di teatro, di cinema, di televisione, ad essere
uomini.
E allora ecco alcuni argomenti fondamentali per
i nostri incontri:
Shakespeare Amleto. Atto I
“Essere o non essere,
questo è il problema: se sia più nobile d'animo sopportare gli
oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna, o prender l'armi
contro un mare di triboli e combattendo disperderli. Morire,
dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al
cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è
soluzione da accogliere a mani giunte.
Morire, dormire, sognare forse: ma qui é l'ostacolo, quali sogni
possano assalirci in quel sonno di morte quando siamo già sdipanati
dal groviglio mortale, ci trattiene: é la remora questa che di tanto
prolunga la vita ai nostri tormenti.
Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gli insulti del
tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell'uomo borioso, le
angosce del respinto amore, gli indugi della legge, la tracotanza
dei grandi, i calci in faccia che il merito paziente riceve dai
mediocri, quando di mano propria potrebbe saldare il suo conto
con due dita di pugnale? Chi vorrebbe caricarsi di grossi
fardelli imprecando e sudando sotto il peso di tutta una vita
stracca, se non fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte, la
terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore, a
sgomentare la nostra volontà e
a persuaderci di sopportare i nostri mali piuttosto che correre
in cerca d'altri che non conosciamo? Così ci fa vigliacchi la
coscienza; così l'incarnato naturale della determinazione si scolora
al cospetto del pallido pensiero. E così imprese di grande
importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso:
e dell'azione perdono anche il nome...”
La depressione di Amleto La schizofrenia di Ofelia
Pirandello: “Enrico IV” La fuga nella follia per sopravvivere. “E
ora insieme per sempre”
Pirandello: “Così è se vi pare”. Delirio a due. Il signor Ponza e la
signora Frola. Chi dei due è malato e delirante? O malati entrambi?
“Io sono colei che mi si crede”
Pirandello: “Vestire gli ignudi” Ognuno conosce bene la propria
verità, misera spesso, ignuda, disonorevole, ma ognuno cerca di
rivestirla, di abbellirla, con panni che non le appartengono.
Pirandello “La vita che ti ho dato” Il “lavoro” del lutto. “E ora è
morto veramente”
Pirandello “Pensaci Giacomino” Dare ancora un senso alla propria
vita, quando essa volge al termine
Pirandello “Sei personaggi in cerca d’autore” Il teatro nel teatro.
Il dramma di una vita incompiuta.
Pirandello “Il berretto a sonagli” La corda civile, la corda saggia
e la corda pazza. Cosa ne avrebbe pensato Freud?
Pirandello “L’uomo dal fiore in bocca” Come affrontare la morte,
quando si è consapevoli che essa è alle porte.
Thornton Wilder “Piccola città” Il senso della vita. “Che strana la
vita. La si comprende solo quando si è morti”
Tennessee Williams “Lo zoo di vetro” Il rapporto tra una madre
isterica e sola e i figli. Il dramma della timidezza e la condanna
ad una vita schiva. Il rifugio in un mondo fantastico ma pregno di
sentimento.
Tennessee Williams “Un tram che si chiama desiderio” L’amore e la
passione. La follia
Tennessee Williams “La gatta sul tetto che scotta” L’omosessualità”
Tennessee Williams “ Improvvisamente l’Estate scorsa” Incesto e
omosessualità
Jean Paul Sartre Il teatro di situazione. Il dramma della esistenza
umana prigioniera nella propria solitudine.
Shakespeare “Antonio e Cleopatra” Il dramma esistenziale di due
persone vittime dei personaggi che sono costretti ad interpretare.
Arthur Miller “Morte di un commesso viaggiatore” Il rapporto tra
padri e figli. Il fallimento di una vita. Il suicidio come riscatto
Shakespeare “Giulio Cesare” “E Bruto è uomo d’onore”
Shakespeare “Otello” Non solamente il dramma della gelosia, ma
anche. la ineluttabilità della vendetta. La colpa e l’espiazione.
Gorge Bernard Shaw “Candida” La vera forza è nella apparente
debolezza, nella abitudine alle sconfitte
Moliere “Il malato immaginario” L’ipocondria ante
litteram. Un solo errore: Il titolo.
Giuseppe Giocosa “Come le foglie” Padre e figli. Il dramma della
borghesia “Come le foglie che il vento disperde”
Edmond Rostand “Cyrano de Bergerac”. L’amore come sacrificio di se
stesso
“Ma poi che cosa è un bacio? Un giuramento fatto/ un
poco più da presso , un più preciso patto, / una confessione che
sigillar si vuole / un apostrofo roseo messo tra le parole / “t’amo;
un segreto detto sulla bocca, un istante / d’infinito che ha il
fruscio di un’ ape tra le piante.
22-09-08
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