Aldo De Luca: “La carta stampata non morirà!”
Pur se siamo bombardati da informazioni, abbiamo ancora bisogno di leggere
approfondimenti e commenti per capire cosa accade intorno a noi






Aldo De Luca, storica firma de Il Messaggero, ha incontrato sabato 15 novembre gli iscritti della nuova accademia di spettacolo e comunicazione Studio 254.
Dopo aver ripercorso i suoi esordi e la sua lunga carriera, il giornalista ha provato a fotografare la professione del giornalista oggi e, allo stesso tempo, a verificare lo stato generale di salute dell’informazione.
            “Purtroppo – commenta De Luca -  un ragazzo che oggi voglia intraprendere la strada del giornalismo, si trova, più che in qualsiasi altro momento storico, a fare un salto nel buio. Sono cambiate le modalità di accesso alla professione. Ci sono scuole, università, ma manca la formazione sul campo. Un tempo i cronisti di nera, per esempio,  arrivavano sul luogo del delitto con le forze dell’ordine. Qualche volta prima. Oggi, invece, sono le questure a rilasciare i comunicati stampa relativi all’accaduto e il giornalista – fatta eccezione per chi lavora per grandi testate – deve accontentarsi di quel comunicato”.
            Il discorso si fa più generale sul mondo dell’informazione che, specie nell’ultimo decennio, ha subito una profonda trasformazione, grazie ad Internet e alla possibilità di essere continuamente aggiornati, anche con un semplice sms. “In una parola, potremmo dire che siamo bombardati di notizie, in ogni momento della nostra giornata e così, può capitare che quello che leggiamo sui giornali sia già vecchio. Ma sui giornali, ed è per questo che secondo me la carta stampata non morirà mai, è possibile trovare commenti, approfondimenti che possono aiutare chi legge a tradurre e capire meglio quello che accade”.
            Più disincantati i riferimenti alle professioni legate al mondo televisivo. “Sempre meno - dice De Luca – sono oggi gli autori che hanno competenza ed autonomia. Il problema è che sempre più spesso, anche in tv, si ha paura di rischiare, di creare qualcosa di nuovo e dunque, il pericolo che corriamo è quello di un appiattimento e di una caduta verticale della qualità dei programmi”.


17-11-08





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