L'ITALIA IN CODA PER LA CELEBRITÀ
Dal successo all'anonimato i "dimenticati"
dei reality
L'ex del Grande Fratello: «Da despota viziato a sciuscià in un
attimo»
di MASSIMILIANO LENZI
«È GIUNTA mezzanotte / si spengono i rumori / si spegne anche
l'insegna di quell'ultimo caffè / le strade son deserte / deserte e
silenziose.... Tatatatà, tatatatà». Niente è più calzante di questi
versi melanconici de "Il vecchio frac" di Domenico Modugno - una
canzone scritta 51 anni fa - per descrivere la crisi di chi è stato
famoso per quindici minuti (la vecchia battuta di Andy Warhol), per
un giorno, per un mese, per sei, per un anno, grazie alla fama
conquistata in un reality show, in un talent, eccetera eccetera e
poi, zac!, di colpo non lo cerca più nessuno. Se oggi, nell'estate
italiana dell'anno 2009, provassimo a contarli per nome e cognome
tutti quelli, uomini e donne, giovani e vecchi, studenti e operai,
figli e nipoti, che sono entrati dentro una casa, sbarcati sopra
un'isola, hanno sgobbato in una fattoria o calpestato il palco delle
giovani promesse, non basterebbe l'intera edizione del Secolo XIX .
Cristina, Rocco, Andrea, Milo, Sergio, Lorenzo, Marina, Francesca,
Roberta, Flavio, Lalla, Tati, Lorenzo un'altra volta, Mathias,
Serena, Luana, Floriana, Victoria, Pasquale, Marianella. Il
catalogo, come nei promemoria di un Don Giovanni instancabile, è
lunghissimo. Ma come ci si sente quando sull'elenco non resta che il
nome mentre la faccia - a poco a poco - scompare dall'immaginario
della gente, dell'audience? Andrea Spadoni, giornalista,conosciuto
al pubblico televisivo come Andy Boy del Grande Fratello 7 condotto
da Alessia Marcuzzi, racconta al Secolo XIX cosa significhi
ritrovarsi famosi dalla sera alla mattina. E lo fa prendendo spunto,
oltreché dalla sua storia personale, da "Processo al reality: un
mostro trash o aspra realtà?", lo spettacolo messo su dall'Accademia
Studio 254 di Cesare Lanza, uno dei più noti autori televisivi
italiani (al suo attivo, tra le altre cose, La Fattoria, il Festival
di Sanremo 2009 di Paolo Bonolis, Buona domenica), andato in scena a
Roma, al Teatro Sala Umberto di Via della Mercede, due passi dallo
storico Bagaglino. «Io, giornalista - spiega Spadoni - e personaggio
di reality, ho fatto l'autore, ma sono anche salito sul palco, con
un pezzo recitato, proprio per ironizzare sulla figura dei
personaggi dei reality: prima, nel momento di massima esposizione
mediatica, costui diventa quasi un despota, un viziato padrone di
casa con l'illusione che tutto il mondo giri intorno a lui! Poi, in
breve tempo, dall'altare alla polvere. Il viziato cade per terra e
assume la veste dello sciuscià, tiranneggiato persino dalla sua
donna di servizio». Succede così, up and down, in un attimo - veloce
come era stato il successo - con il telefono che non squilla più, i
contratti legati alle partecipazioni televisive scaduti, il pubblico
in giro che stenta a riconoscerti e tutto il resto. Un cocktail tra
realtà e tv, tra finzione e show. «I reality - sottolinea Cesare
Lanza sono il neorealismo televisivo di oggi. I critici non sanno
riconoscere l'attualità nel momento in cui essa si compie: non a
caso i maestri del neorealismo cinematografico, da Roberto
Rossellini a Vittorio De Sica, o rivoluzionari come il Federico
Fellini di "La Dolce Vita" furono accolti con censure e
denigrazioni, salvo poi essere esaltati dopo. I tronisti di Maria De
Filippi, un genio del neorealismo televisivo, sono i nuovi sciuscià,
i personaggi del marciapiede della vita vissuta oggi». Il grande
richiamo della televisione, con i suoi format dove tutti possono
entrare, è un costume dei nostri anni, basta avere con sé una storia
da rac- contare. «I reality - prosegue Lanza sono sicuramente la
situazione che dà maggiori visibilità e opportunità. Dopodiché
bisogna parteciparvi con la consapevolezza che non si può vivere di
reality ma è un'ottima rampa di lancio.
Pensiamo a Luca Argentero, un attore di cinema che è partito dal
Grande Fratello. Certo, bisogna avvicinarsi alla tv con una certa
consapevolezza, anche perché chi entra sono per lo più persone
incompiute dal punto di vista del carattere, della personalità,
dell'identità: non sono consapevoli di quello che fanno. Grande
responsabilità hanno, poi, gli autori che assegnano un ruolo ai vari
personaggi del reality, manovrandoli come burattini nella commedia
dell'arte. Sta, così, alla capacità e alla maturità dei partecipanti
far sì che possano vivere questa esperienza in maniera positiva,
traendone il meglio, e, quindi, crescere seguendo ognuno la propria
vocazione. Gianni Agnelli coniò la famosa definizione secondo cui
questa è la società in cui non è vero quello che vero, ma è vero
quello che appare. Allora che cosa ci si aspetta dai ragazzi di 20
anni? Che siano filosofi, che siano consapevoli di loro stessi?
Hanno una grande voglia di arrivare e l'apparire è una scorciatoia».
Di nomi, lo abbiamo visto nelle altre puntate del nostro viaggio
dando un'occhiata ai casting dei vari programmi (X Factor, Grande
Fratello, etc), sulla via della tv ne arriveranno altri. In fondo,
scherzava anni fa l'attore Robert Mitchum, «la televisione piace
perché si spegne facilmente». E allora «bonne nuit, bonne nuit,
bonne nuit, bonne nuit, buona notte». Alla fama.
IL SECOLO XIX, 20-07-09
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